Alessandra Derme, intervista a una Iron Woman

Una carriera nel canottaggio alle spalle. Due Iron Man finiti (e pure bene) in saccoccia. Alessandra Derme è il prototipo dell’ambassador NRC: sempre determinata a spingere i propri limiti un po’ più in là.


La prossima tappa di questo percorso verso l’eccellenza è rappresentato dall’Iron Man che si correrà a Kärnten-Klagenfurt, in Austria, il prossimo 3 luglio. La sfida è di quelle per pochi, ma la nostra Alessandra non è certo il tipo da farsi scoraggiare dalle difficoltà.


Ne abbiamo parlato con lei in un’intervista in cui ci ha raccontato della sua passione, dei momenti più belli, così come di quelli più difficili della sua carriera da atleta e, ovviamente, degli occhiali da sole NRC. Che, parole sue, “le hanno cambiato la vita”. E chi siamo noi per dire il contrario?

Alessandra Derme intervista


Cosa ti ha spinto a diventare una triatleta?

Ho praticato 15 anni di canottaggio agonistico e sono arrivata a un certo punto che ero satolla, per cui ho deciso di cambiare. Avevo in casa l’esempio di una zia, la nostra “Iron Woman”di famiglia, e così ho deciso di cimentarmi anch’io con il triathlon e l’Iron Man.


Va bene il multitasking, ma tra bici, nuoto e corsa c’è una disciplina in cui ti trovi più a tuo agio?

Mi trovo più a mio agio con la bici, mentre la corsa la patisco un po’ di più. 


Al di là dell’esempio in famiglia, cosa ti porta a cimentarti con imprese impegnative come l’Iron Man?

Il tentativo di spingersi oltre i limiti, di vedere fino a dove posso arrivare.

Alessandra Derme Triathlon


In periodi “normali” quanto e come ti alleni quotidianamente?

Faccio almeno due ore di allenamento al giorno, ma dipende dalle giornate: se come oggi fuori splende il sole, magari solo di bici faccio due o tre ore. Comunque mi alleno sempre su tutte e tre le discipline.


Quando invece si avvicina una competizione, come l’Iron Man di luglio?

Allora faccio almeno due allenamenti al giorno e si allungano le sessioni di bici, perché nell’Iron Man la bici è un po’ l’ago della bilancia. Devi riuscire, dopo 180 km, a scendere dalla bici ancora in grado di intendere e di volere, e soprattutto in grado di metterti a correre.


Devi rinunciare a qualcosa per questa tua passione?

Sono fortunata, perché anche il mio compagno si allena e vengo da una famiglia di sportivi. Quindi tutti quelli che mi stanno attorno capiscono questa passione e non mi fanno pesare la dedizione che richiede. Certo, alle volte mi piacerebbe farmi un weekend fuori porta, e invece rinuncio perché mi devo allenare. Però capita anche che ci facciamo un fine settimana al mare e ci portiamo dietro le bici, per cui concilio le due cose.


Il momento di una gara che preferisci?

L’arrivo, non solo perché è finita, ma soprattutto perché ci sono ad aspettarti i familiari e le persone che ti vogliono bene, per cui è come una festa. Alla partenza c’è l’adrenalina condivisa con tutti gli altri partecipanti, ma sei così concentrato su te stesso che comunque sei solo.


Il momento più bello della tua carriera?

L’ultimo Iron Man, quello di Barcellona dell’anno scorso. Non solo perché stavo facendo una bellissima gara, ma anche perché, a costo di compromettere il mio risultato finale, ho aiutato il mio compagno, che era in crisi, ad arrivare fino in fondo, per cui abbiamo tagliato il traguardo insieme. Pensavo che saremmo arrivati divisi, io dopo di lui, e invece… Diciamo che così l’ho ripagato di tutte le volte che mi ha aspettato in allenamento!


Il più difficile?

Quando ancora remavo e per colpa di un medico mi sono presa un’imputazione per doping, da cui per fortuna sono stata del tutto assolta. Ho dovuto fare i conti con me stessa, è stato un momento difficile, ma anche utile per crescere. Ma il brutto è che tutti hanno parlato del fatto che fossi sotto accusa, mentre quando invece sono stata assolta la cosa è passata sotto silenzio.


Dal punto di vista dell'equipaggiamento, come triatleta, cosa curi maggiormente?

Innanzitutto la mia bici, che è il mio gioiellino e deve sempre essere perfetta. Tra gli accessori invece gli occhiali, perché sono delicatissima di occhi e NRC mi ha letteralmente salvato la vita. Quando praticavo canottaggio non usavo occhiali da sole ed ero sempre con gli occhi corrucciati, tanto che mi sono venute le rughe. Oggi invece li tengo sempre indosso.

Alessandra Derme HOCO NRC


Cos’è fondamentale negli occhiali, durante una gara?

La leggerezza. I miei HOCO nemmeno mi accorgo di indossarli.


Hai un consiglio per la gestione degli occhiali durante la gara?

Prima di una competizione li pulisco alla perfezione, in modo che non ci sia nemmeno una macchia. E li aggancio direttamente al casco, di modo che quando salgo in bici non perdo tempo a indossarli. Una volta che sono partita, allora me li sistemo. Nel triathlon la transizione è fondamentale.


I tuoi NRC preferiti?

Gli HOCO, per l’appunto. Sono gli occhiali più versatili che esistano. Ho “convertito” tutti i miei familiari e li sto regalando a tantissime persone.